Famiglia di antica e nobile tradizione, delle cui origini non vi sono notizie certe. I Lovato si propagarono in diverse regioni d'Italia, Francia, Germania ed Austria fin dal XI secolo donde, accolti nelle importanti cariche delle città ove ebbero dimora, furono cospicui ed acquisirono prestigio. La cognominizzazione deriva dal cognomen latino Lupus; nei ricordi dei tempi andati si leggono alcune varianti di questo antico cognome quali Lupus, Lupas, Lupis etc., dovute alla fonetica storica ed alle inflessioni dialettali. Sono, in ogni modo, tutti rami di un unico ed antichissimo ceppo originale.
La leggenda vuole che la Luporum stirpe abbia origini dal console romano Publio Rutilio Lupo che morì nel 90 a.C., l'anno stesso del suo consolato, dando origine alle famiglie senatoriali romane dei Virii Lupi e dei Rutilii Lupi dalle quali, secondo recenti ricerche prosopografiche, ed , derivò quella gallo-senatoriale ("germanica") di San Lupo(ca. 383 - 478 d.C.), vescovo di Troyes nel V secolo, noto alla leggenda per avere fermato Attila alle porte della città.
Esistono tracce già dal 1300, dove troviamo, a Padova, un Lovato de' Lovati (1240-1309) scrittore e poeta Lovato (Lupatus de Lupatis). - Nacque a Padova, nel 1240 o poco prima, da Rolando di Giovanni detto Lovato, che morì prima del 1281; non si conosce il nome della madre. La famiglia, nella quale si erano succeduti notai da molte generazioni, aveva una posizione di rilievo nella società padovana. Il padre fu notaio presso Giacomo da Carrara nel 1257 e fu legato a Guecellone Dalesmanini. Il fratello Alberto, anch'egli notaio (morì prima del 1301), era attivo al servizio dei da Camino, signori di Treviso, e nel 1297 ricoprì la carica di cancelliere del Comune di Padova. La sorella sposò Guido da Piazzola e tra i suoi figli ci fu il giudice, umanista e antiquario Rolando, che divenne un discepolo di Lovati.
La prima testimonianza relativa al L. risale al 22 luglio 1257, in un documento notarile redatto dal padre dove compare la sua sottoscrizione: "Lovatus filius Rolandi notarii, regalis aule notarius" (Guido Billanovich, 1976, p. 26). È l'atto da cui si può dedurre la data di nascita del L., dato che si diventava notaio dopo il compimento dei diciassette anni.
Il 6 maggio 1267 fu ammesso nel Collegio padovano dei giudici, del quale risulta essere stato gastaldo, insieme con Guglielmo Curtarolo, in un documento datato 10 febbr. 1273. Intorno al 1270 sposò Jacopina di Vincenzo da Solesino, dalla quale ebbe quattro figli: tre maschi, dei quali il maggiore si chiamava Rolando, il secondo Polidamante, dal nome del figlio dell'eroe troiano Antenore, e il terzo Giordano; e una femmina, Beatrice. Nel 1275 il suo nome compariva in una lista di cittadini padovani residenti nella contrada S. Lorenzo, nei pressi del ponte Altinate. Quando gli scavi compiuti nell'area nel 1283 portarono alla luce uno scheletro di dimensioni rilevanti, il L. non esitò a identificarlo con quello di Antenore, l'eroe troiano leggendario fondatore di Padova. In seguito a questo avvenimento il L. convinse i capi della città a costruire un monumento funebre per il quale compose un'iscrizione che descriveva la fondazione della città con versi tratti da Virgilio, dai Fasti di Ovidio e da Livio.
La carriera del L. come giudice in Padova è documentata per gli anni 1271, 1290, 1299-1300, 1303 e 1306-07. Nel 1282 ricoprì anche la carica di podestà di Bassano, in seguito alla quale il L. fu nominato l'anno successivo arbitro fra i Comuni di Bassano, Solagna e Piove di Sacco. Nel 1288 e nel 1293 fu a Treviso come procuratore di Tommaso Caponegro nei suoi sforzi per acquisire l'eredità del trevigiano Ansegiso Guidotti, che era stato vicario di Ezzelino da Romano a Padova. Il 20 giugno 1289 il L. compare, insieme con Zambono di Andrea, come testimone nella contrada S. Martino a Padova nella divisione della proprietà di Giacomino Papafava da Carrara tra i suoi quattro figli. Fu podestà di Vicenza dalla fine del 1291 alla fine del 1292. In quel periodo era già stato creato cavaliere, dato che in un documento del 19 luglio 1292 è definito "honorabilis miles dominus Lovatus iudex de Padua Vincentie potestas "(Verci). Insieme a Mussato, 30 Ottobre 1302 redasse uno statuto di rappresaglia a favore di Elena Della Torre, prima moglie di Nicolò di Ubertino da Carrara, che la metteva in grado di recuperare i suoi beni a Milano. Il 18 maggio 1304 il L. comparve come testimone, insieme con diversi altri notabili padovani, tra i quali Zambono di Andrea, al trattato che assicurava a Padova l'appoggio di Verona nella guerra del sale contro Venezia. Nel 1306 fu uno dei Dodici savi scelti dal Comune padovano per proteggere il ritorno in città di Pietro d'Abano Collegamenti certi si hanno con la dinastia dei Lupis di Parma, cari oltremodo ai signori di Padova e loro molto affezionati, cessano di figurare in questa città non molto dopo le catastrofi dei Carraresi. Antonio, figlio di Raimondino, nell'anno 1498 trapiantossi a Rovigo e di lui nacque Rutilio, il cui cognome di Lupo si corruppe in Lovo, Lovato. Si ha note di un Filippo Lovato, giustiziere negli Abruzzi nel 1507ed inoltre di un Camertino Lovato, maestro di campo ai tempi di Carlo V; La Famiglia fu iscritta nell'Elenco Nobiliare nel Ramo Principale. col titolo di Patrizio napoletano e ai discendenti da Lanfranco, spettarono i titoli di Nobili Amalfitani.
Un ramo dei Lovato si trasferì con Giuseppe Lovato in Tramonti nel XIV secolo, Baroni e poi Nobili dei Marchesi di Pescarola in Terra di Lavoro dal 1600. Riconosciuta nobile per antichissimo possesso di nobiltà dal Tribunale di San Lorenzo in Napoli con dichiarazione del 1739. Ammessa alle Famiglie nobili napoletane, la Famiglia Lovato ebbe molti personaggi che si distinsero per vari onori.
Lanfranco, consigliere di Re Ruggero;Giliberto, primo segretario del vescovo di Scala nel 1154;Leandro Francesco Lovato fu vicario e cancelliere del regno nel 1424; Martino luogotenente della Regia Camera, ai tempi degli Aragonesi Marco, che viveva alla metà del secolo XIV era Procuratore di San Marco e fu uno degli elettori del doge Andrea Dondolo. Contemporaneo ad esso fu Paolo, rivestito di tale dignità e che si distinse nelle più elevate cariche militari di terra e di mare. Il massimo lustro venne a questa casa da pietro, che recuperò dalle armi dei Turchi le più importanti fortezze e posizioni militari della Dalmazia; ruppe i Genovesi e sostenne la Repubblica lacerata da intestine discordie e morì nell'anno 1439. In quello stesso secolo, Luigi, Giacomo ed Antonio, tutti Procuratori di San Marco, si distinsero in importanti incarichi. Leonardo per 19 ann iportò lo scettro dello Stato, morì a 85 anni; il suo mausoleo trovasi nella Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo. Ad egual dignità pervennero:Pietro, Francesco. Gian Francesco, fiorì nel secolo XVII ed oltre avere importanti Magistrature, fu uomo di scienze e di lettere, creò l'Accademia degli Incogniti.Alla caduta della Repubblica Veneta esistevano i rami detti di San Luca, San Giovanni in Bragora e San Pantaleone, ora non esiste che quello detto di San Vio.Antonio Francesco di Domenico, fu confermato nella nobiltà con Sovrana Risoluzione Autografa del 24 luglio 1820 ed elevato al grado di conte dell'Impero Austriaco.Sono iscritti nell'Elenco Ufficiale Nobiliare.
Cristoforo Lovato fu aggregato al Consiglio dei nobili il 23 agosto 1444. Nel 1465 assieme a Vittore Crepadoni fu inviato come ambasciatore al vescovo Lodovico Donato veneziano, per rallegrarsi, a nome della città, della sua nomina a vescovo di Bergamo. Nel 1482 tra i trecentodieci consiglieri è elencato anche ser Matteus Lovatus; nel 1546 in Consiglio non vi è più alcun membro del casato. E' probabile che qualche componente della famiglia si fosse t5rasferito nello Zoldano dove prosperava l'industria estrattiva. Il 18 novembre 1585 infatti il notaio Nicodemo Delaito, a Belluno nella sua casa in contrada di Crocecalle, registrò la vendita di un campo e un prato sub regolatu Astragati e di un altro prato nel luogo detto Antrugia. Il venditore, residente nella Regola grande del Capitanato di Zoldo, era ser Bartolomeo, che viveva separato dal padre ser Francesco Lovato de Casale. L'acquirente, ser Bortolo q. ser Vincenzo Gottardo di Zoldo, gli versò 250 lire in contanti.